Lunedì 21 Ottobre, aggiornato alle 23:29

“Cavallino bianco” o “ronzino da traino”?

“Cavallino bianco” o “ronzino da traino”?

di Pere Lluís Alvau

 

Nel minuscolo promontorio che ospita il rudere dell’ex chalet “Cavallino Bianco” (denominato successivamente Cavall Marí, El Fuego, Tris Blu, etc.) nel 1914, in previsione dell’intervento bellico dello Stato italiano nel primo conflitto mondiale, fu installata una batteria antinavale con due cannoni da 152 millimetri. Inutile dire che già quella modesta batteria non sparò neanche un colpo durante il triennio del conflitto (1915-18).

Sopra ciò che rimase della spianata ricavata per la batteria, alla fine degli anni ‘20 del secolo scorso, fu realizzata la spianata panoramica con attività danzanti che poi prese il nome di “Chalet il cavallino bianco”, richiamando nel nome una nota operetta in voga in quegli anni.

Nel 1960-61 venne costruito il manufatto in muratura di cui oggi rimangono i pericolanti ruderi oggetto dell’intervento d’interdizione cautelativa del NOE dei carabinieri. Da testimonianze tecniche di chi ha conosciuto il progettista e ne ha raccolto a suo tempo le informazioni, pare che lo stesso avesse previsto una sua futura rimozione e pertanto la struttura poggerebbe in maniera “leggera” sugli scogli. Mi scuso del linguaggio per niente tecnico ma che serve per rendere l’idea di chi già da allora, pur rispettando i voleri del committente (ente pubblico), era lungimirante nel rispetto di futuri adeguamenti e ripristini paesaggistici.

Non vorrei che per analogia con altre strutture che hanno a che fare con eventi bellici, qualche “creativo” imprenditore -non necessariamente locale- proponesse una “ristrutturazione e valorizzazione”, istituzionalmente sollecitate a fini di un turismo d’ispirata presunta qualità.

Di qualità nel sito in argomento c’è soltanto la continuità naturale del Lungomare Dante, ancora oggi -nonostante l’incuria- uno dei più belli d’Italia.

Pertanto l’unica soluzione sensata per quel rudere è a mio avviso (e di tanti algheresi che si sono espressi in proposito in vari interventi sulla stampa locale e sui social più accreditati) l’abbattimento ed il ripristino dello stato dei luoghi (idea intuibile e prevista dallo stesso progettista di allora!) quantomeno dal punto di vista paesaggistico.

Se poi risulta così impellente l’esigenza di affidare all’imprenditoria privata -cosa ormai di fatto consueta con spazi, manufatti e litorali pubblici- ciò che risulterà dall’eventuale demolizione, sarebbe più proficuo ed economicamente vantaggioso per l’ente pubblico affittare lo spazio all’aperto ricavato dove allestire d’estate, copiando da attività analoghe non molto distanti, una rotonda prendisole di giorno, con diffusione di musica soft dal vivo la sera per tramonti e dopocena.

In autunno, inverno e primavera lo spazio, smantellate le strutture amovibili, lo spazio tornerebbe fruibile a tutti così come avviene poche centinaia di metri più avanti sul Lungomare stesso.

Ne trarrebbe beneficio l’intera popolazione, perché vedrebbe restituita l’immagine panoramica fruita negli ultimi sessant’anni soltanto attraverso foto e cartoline illustrate dell’epoca. Ne gioverebbe l’Ente pubblico (o gli enti, Comune in testa) proprietario del sito che non dovrebbe stare a mediare o dirimere posizioni discordanti per progetti di ricostruzione quantomeno “azzardati” che si presenterebbero e verosimilmente -come talvolta succede- ben “sponsorizzati” e nei quali l’Ente pubblico stesso sarebbe coinvolto -direttamente od indirettamente- anche (se non soprattutto!) finanziariamente ed economicamente. Il tutto al netto di inevitabili controversie legali, da protrarsi nel tempo, a cui si andrebbe incontro nell’eventualità si cadesse in mano d’imprenditori senza troppi scrupoli, che si è certi siano per fortuna un’estrema minoranza ma che potrebbero già anche navigare nelle nostre acque o sarebbero pronti a far rotta verso Alghero ed in particolare su quel sito.

 

 

 

 

 


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