Lunedì 21 Ottobre, aggiornato alle 23:29

PER GLI ALBERI NON C’È PIÙ “FESTA”

PER GLI ALBERI NON C’È PIÙ “FESTA”

di Pere Lluís Alvau
Sin dalla fine dell’Ottocento si pensò in Europa d’istituire la “Festa degli Alberi” (o dell’Albero). In Italia venne istituzionalizzata una ventina d’anni dopo e successivamente, nel 1951, con una circolare del Ministero dell’Agricoltura, fu fissata definitivamente la data al 21 di novembre. L’iniziativa promossa dallo Stato fu fortemente incentivata per decenni grazie anche all’impegno pratico e diretto dei Comuni, opportunamente sensibilizzati dal Ministero competente.
Chi ha una certa età ricorderà, soprattutto negli anni ’50, ’60 e ’70 del secolo scorso, il raduno degli alunni di tutti i plessi dei circoli didattici algheresi presso il piazzale delle scuole elementari “Maria Immacolata” (2º Circolo), dove l’Assessore comunale al Verde o il Sindaco di turno intrattenevano, il più delle volte con discorsi incomprensibili (talvolta troppo lunghi e formalmente noiosi), la platea di giovanissimi uditori ansiosi di passare all’atto pratico della “Giornata”, consistente nella piantumazione diretta di nuove essenze arboree in determinate strade o aree cittadine. Molti ricorderanno ancora che terminata l’orazione politica, alla quale bisognava assistere  con compostezza e per quanto possibile in silenzio – pena qualche scappellotto del maestro o sgridata con tirata d’orecchie della maestra – si scendeva sul campo, ovvero ci si recava nella via individuata quell’anno per la piantumazione e si partecipava, sotto la vigile competenza delle maestranze comunali che curavano il verde pubblico, alla piantumazione dei nuovi alberi.
Nascevano in quegli anni ad Alghero le alberate di via Vittorio Veneto, via Grazia Deledda, via Guglielmo Marconi ma anche via La Marmora e via Lo Frasso, nonché via Regina Elena (oggi via Kennedy) dall’incrocio di via Manzoni verso la parte alta, ma anche via Catalogna da via La Marmora a via Vittorio Veneto ed altre ancora.
Grazie a quegli interventi il centro cittadino di Alghero vantava il primato in Sardegna di “città più alberata”. Non mi azzardo a pensare che oggi la nostra città possa ancora vantare quel primato ed i motivi sono fondamentalmente due.
Il primo è di natura istituzionale, in quanto dal 1979 la celebrazione della “Festa degli Alberi”, che si era sempre svolta con regolarità grazie alla rilevante enfasi nazionale, fu delegata alle Regioni che gestirono localmente, con maggiore o minore efficacia le varie iniziative. Non avendo le Regioni la potestà d’impartire direttive alle scuole, la “Festa degli Alberi” perse lo slancio che solo l’impronta statale aveva fino ad allora impartito. La Regione sarda in particolare curò maggiormente le opere di rimboschimento di aree e comprensori extraurbani con l’istituzione di anche pregevoli di iniziative di ampio respiro, come la cura di antiche foreste e la realizzazione di parchi regionali e di aree protette. Venne meno però la cura e l’incentivazione del verde urbano, totalmente lasciato all’esclusiva competenza o meno dei Comuni, che nel caso particolare di Alghero, purtroppo, perse la continuità fino ad allora rispettata nella piantumazione annuale di nuovi alberi in altrettante vie urbane. Di fatto, a parte sporadici interventi di rilevanza inferiore rispetto al passato, si cessò di portare avanti una pianificazione tecnico-urbanistica per piantare  nuovi alberi, disattendendo peraltro l’unica traccia di legislazione nazionale (L. 29.01.1992, n. 13) che obbliga (si badi bene!) il Comune di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato a seguito della registrazione anagrafica.
Il numero degli alberi presenti nel centro abitato di Alghero non solo non è aumentato da oltre quarant’anni a questa parte ma paradossalmente è diminuito. Eh, si! Innanzitutto perché gli alberi, essendo esseri viventi, hanno un loro corso di vita che irrimediabilmente ha un termine, talvolta (se non molto spesso) accelerato dall’incuria, che ne determina la mancata sostituzione quando un’essenza muore per malattia o per atti di vandalismo propri e di colposa o dolosa manutenzione. Rientra in questa seconda specie la talvolta negligente ed aggressiva (se non selvaggia) potatura. Attenzione: ho detto talvolta, non sempre! Però quel “talvolta” lo possiamo constatare ogni anno, quando a seguito del più o meno azzeccato periodo scelto per l’intervento, per qualche albero purtroppo c’è da intonare il “de profundis”. In questi casi – ribadisco “rari” nel numero ma “frequenti” nel ripetersi – la sostituzione dovrebbe essere automatica ed immediata nel momento della mancata germogliazione delle foglie e dei nuovi rami.
Altro fatto che comincia a prendere piede, nell’indifferenza di chi dovrebbe sorvegliare, è la cementificazione di aiuole ospitanti essenze arboree od ancor peggio lo spargimento doloso nelle aiuole di sostanze dannose per le piante quali detersivi, oli minerali e finanche veleni. A ciò si aggiunge l’attività di qualche cantiere edile, che per comode più che ovvie necessità di lavoro, talvolta estirpa “temporaneamente” la pianta per non riposizionarne un’altra a fine lavori. Non è raro vedere invece nuovi accessi per magazzini e garage proprio dirimpetto a dove prima c’era un albero.
Da ultimo compiango qualche decina di lecci caduti per onorata vecchiaia o per avanzata malattia e mai sostituiti presso gli storici giardini “Manno”e le fitolacche mancanti in numerosissime aiuole desolatamente desertificate del Lungomare Dante, soprattutto fronte Istituto Alberghiero.
Qualcuno obietterà che di palme non ne ho parlato. Appunto, di quelle (sia vittime del punteruolo rosso, sia delle superstiti) è meglio oggi non parlarne. Ne parleremo in altra occasione.

 


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