Fa impressione vedere una persona dormire su una panchina nel giorno di Santo Stefano. La foto che ci viene inoltrata oggi, giorno successivo al Santo Natale, da un nostro lettore, è di quelle che provocano. Provocano sdegno, provocano rabbia. E’ la certificazione di un malessere vissuto a ciel sereno da chi non avendo un tetto sotto cui dormire, lo fa nell’addiaccio del lungomare Barcellona. La panchina come letto e il cielo come tetto.
L’immagine è ripresa alle 7,30 del mattino, oggi 26 Dicembre, giorno ancora di festa, dove le persone sono ancora alle prese con i disturbi post prandiali, e ancora fra le calde coperte del proprio letto.
L’immagine di questa persona, della quale non si conosce ne il sesso, ne l’età, è la certificazione di un disagio sociale, di una emarginazione patita, della propria sofferenza, contenuta e racchiusa tutta dentro un sacco a pelo. Vedere un sola persona in queste condizioni, ci rimanda alla solitudine dell’individuo, alla sofferenza patita, alla sconfitta inferta dalla vita. Vita che anche gli ultimi, i nullatenenti hanno diritto di vivere da uomini. E davanti a tanta drammaticità, alla durezza di tale immagine, non rimane che interrogarsi: Come si arriva a tanto e ci si abbandona? La nostra città, al pari di altre, ha persone e risorse per aiutare chi è in difficoltà, basta solo chiederlo, o essere avviati a strutture che accolgono, riparano, aiutano, a non vivere da emarginati, da ultimi. Perché sovente non basta solo indignarsi, spesso c’è bisogno di essere protagonisti nell’aiutare chi vive un disagio, anche avvisando chi, per ruolo e lavoro è adibito al controllo della città e di chi la vive quotidianamente.
E questa foto in un giorno di festa, dove si celebra i benessere, l’opulenza e il calore umano, vissuto soprattutto nelle famiglie, certifica che siamo tutti colpevoli e indifferenti, se è accaduto che un uomo ha la panchina come letto e il cielo come tetto.