All’indomani dell’appello di personaggi molto noti nel modo della politica della cultura, della scienza quali Dacia Maraini , Sandro Veronesi , Bianca Pitzorno , Mario Tozzi , Vittorio Emiliani , Alessandro Bergonzoni , Luigi Manconi, contenuto in un articolo su Repubblica, si ha l’impressione che su Punta Giglio il fronte del dissenso si sia allargato. Uscito di colpo dalle mura sarde, in tutta la sua dirompenza crea non poco disagio proprio ad Alghero. Le parole scritte da queste persone, sono accuse mica tanto velate, verso chi doveva vigilare su un luogo che non è solo roccia e falesia a picco sul mare. E’ molto di più.
“Sembra che anche in una simile circostanza abbia prevalso l’ideologia, già diventata sottocultura, della “valorizzazione” e di un malinteso diritto dell’uomo di piegare al suo piacere ogni luogo, soprattutto quelli eccezionali e finora di fatto conservati integri da qualsiasi speculazione. Ciò, grazie anche, all’impegno per la loro tutela messo in campo dalla comunità residente, che dopo due decenni di battaglie, aveva visto realizzarsi il sogno dell’istituzione di un Parco per meglio difendere quella parte del proprio territorio”. Questo si legge in un passaggio dell’articolo dal titolo : “Sardegna, un albergo con piscina nell’area protetta? “Proteggiamo punta Giglio”. Concetti chiari e esaustivi, ineccepibili.
Persino il più grande quotidiano del nord Sardegna, oggi, si occupa della petizione promossa da queste persone, dedicandogli un’ampia recensione su sei colonne.
La storia di Punta Giglio, la storia della battaglia di chi si oppone al progetto, e la storia di chi il progetto lo ha avuto approvato, e lo sta realizzando, è arrivata, forse, al suo culmine. Almeno dal punto di vista mediatico.
La domanda su tutte è quella che ormai appassiona la collettività algherese, molta di più di quanto non avvenga in maniera pubblica e plateale in manifestazioni in piazza o fra le vie della città: come se ne esce da questa triste storia?
Intanto il postulato è che i lavori sono a buon punto, a un passo dalla conclusione. L’ex batteria antinavale è recuperata, verso l’immobile è stato realizzato uno scavo per portare su, in cima, dopo 3,5 chilometri, acqua, fogna ed elettricità. La stradina è stata oggetto di scasso con mezzi pesanti pneumatici tipo caterpillaar. Il Comitato che si oppone si è rivolto alla Procura della Repubblica, che ha promosso delle indagini, atte ad acquisire tutta la documentazione di tutti gli enti, che a vario titolo sono coinvolti nella procedura autorizzativa.
Chi si oppone ha ampiamente detto e scritto che certe autorizzazioni non potevano essere rilasciate, chi effettua i lavori ha dalla sua parte le autorizzazioni. Ad oggi nessuno fra chi poteva, ha accolto l’appello degli oppositori di fermare i lavori. E come se ne esce? Si pronuncerà la Magistratura.
Oggi, forse tardivamente, o forse no, su Punta Giglio si sono accesi i fari della comunicazione nazionali, firme autorevol intervengono, provocano un gran clamore, sollecitano le coscienze a muoversi.
Ma è anche vero che “Cosa fatta capo ha”. Questa frase è emblematica per quanto sino ad ora è avvenuto nel compendio di Punta Giglio.
Questa è un’espressione proverbiale dal significato eloquente: una cosa fatta, non può essere disfatta, ovvero riesce nel suo effetto. Oggi gli appelli, le petizioni, le chiamate alla mobilitazione, disconoscono, forse, che il danno ambientale, se di questo si parla, è stato fatto, portato a termine. Ma il danno cosi detto, è stato autorizzato da enti preposti al controllo. Lo dovevano fare? Non potevano? E si ricomincia daccapo!
Non prima di aver sottolineato che di questa storia ne parliamo da almeno sette mesi, dando voce a tutti, e della vicenda, si sa davvero tanto, in una analisi dettagliata di procedure, persino nei termini e verbi usati, come mai, sino ad ora era stato fatto.
Perchè anche i verbi usati al futuro hanno un loro significato.