Giovedì 22 Maggio, aggiornato alle 21:39

Resistenza: il 93° Fanteria si oppose ai tedeschi e rientrò in Italia con Bandiera e tutte le armi

Resistenza: il 93° Fanteria si oppose ai tedeschi  e rientrò in Italia con Bandiera e tutte le armi

di Giorgio Girelli *

Ripetutamente Aldo Cazzullo ha rilevato  che  la “Resistenza” appartiene alla nazione, non a una fazione. Tra i partigiani c’erano uomini e donne di ogni fede politica: comunisti, socialisti, azionisti, liberali, cattolici, monarchici,  per cui viene smentita la tesi che la maggioranza di essi fosse comunista anche attraverso l’esibizione di un lungo elenco di “resistenti” non comunisti. In realtà fu il partito comunista  – come ha spiegato Galli della Loggia – a utilizzare  l’antifascismo  come  “motivo fortissimamente identitario”  e  ad avvalersene quale “risorsa politica di esclusiva proprietà”. Cosa non avvenuta in Francia paese in cui la “Resistenza” antifascista ebbe nel   tradizionalista ed anticomunista generale De Gaulle il suo organizzatore, simbolo e capo riconosciuto. Né in Germania dove una sentenza della Corte costituzionale mise al bando il partito comunista come forza antidemocratica.

Ph – Stemma Araldico 93°   Interno della Caserma Vllarey  Reggimento Fanteria

 

E “non era comunista”  neppure lo sceneggiatore  marchigiano  Alberto Ciambricco,  ricordato per essere stato, assieme al collega Mario Casacci, il creatore della figura del Tenente Sheridan , impersonato dal noto attore Ubaldo Lay,  nonchè ideatore, nel 1959, sempre assieme a Casacci, della trasmissione televisiva Giallo club. Invito al poliziesco.  Trascorreva negli anni Cinquanta  le vacanze a Pesaro  alloggiando in  ambienti subaffittati presso privati. In quel periodo si trattava di prassi frequente cui le famiglie ricorrevano per arrotondare i magri stipendi.

Non era comunista neanche  il 93° Reggimento di fanteria –  composto per il 75 per cento da marchigiani – facente parte della divisione Messina  dislocata, alla data della entrata in guerra dell’Italia, nella zona compresa tra Ancona, Fabriano e Fossombrone. L’unità, nell’ambito della quale il ventunenne Ciambricco  prese parte alla seconda guerra mondiale,  era di stanza nella caserma Villarey di  Ancona e  si addestrava nel territorio marchigiano.

Ph – L’allora ministro Scalfaro e lo sceneggiatore Ciambricco

Nell’aprile 1941 le venne impartito l’ordine di trasferirsi, in assetto di guerra,  a Bari e, di qui, in Albania. Prese parte ad operazioni a Cettigne e Cattaro. L’8 settembre 1943 i reparti del  93º erano dislocati a Ploca, Grada  e  Curzola, a nord-ovest di Ragusa. Si opposero alla consegna delle armi reagendo con scontri a fuoco  contro i tedeschi.   Concentratisi successivamente nell’isola di Curzola  si imbarcarono  dirigendosi verso le coste italiane. La motonave “Salvore” – racconta Ciambricco  che vi si trovava a bordo –   insieme a diversi pescherecci trasportava il 93°.

 

 

Ph – La Motonave SALVORE scortata dalla corvetta SIBILLA nel 1943 durante le operazioni di rimpatrio delle truppe italiane

Durante la navigazione  fu bombardata e mitragliata da nove Stukas decollati dall’aeroporto di Mostar. I militari italiani reagirono  “all’attacco con tutte le armi disponibili: fucili, mitragliatori, mitragliatrici e mitragliere di bordo. Avemmo parecchi morti e feriti – racconta Ciambricco –  ma riuscimmo a non farci centrare dalle bombe”.  Nonostante che la maggior parte dei soldati e degli ufficiali del 93° fossero marchigiani (incluso Ciambricco, nato nel 1920 a Fabriano) e che raggiungere il porto di Ancona sarebbe stato facile e molto meno pericoloso, la destinazione prescelta fu Brindisi dove il  governo italiano aveva fissato la sua sede. Qui  i militari del 93° Reggimento, rientrati in Italia il 18 settembre con tutte le armi e la Bandiera, “per diverso tempo furono le  uniche truppe a disposizione delle autorità di governo“. In seguito fornirono “complementi” ai costituendi “Gruppi di combattimento” ed al battaglione “ San Marco”  per essere infine inglobati nella divisione “Piceno”.

*Coordinatore Centro Studi Sociali  “A. De Gasperi”


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