Riscoprire le tradizioni per valorizzare il patrimonio identitario. È l’obiettivo del Comune di Posada che per il Carnevale Posadino punta a offrire momenti di svago abbinati a momenti di riscoperta degli usi e costumi di una volta.
I due giorni dedicati al Carnevale saranno il 21 e il 22 febbraio: in collaborazione con l’Associazione Nighele e il Comitato della Madonna del Soccorso, nella prima giornata si potrà assistere alla sfilata dei carri, a cui seguirà una serata dedicata all’Holi Color Show e alla Baby Dance, per concludersi un DJ–Set, con un punto
ristoro per allietare i palati. La seconda giornata, invece sarà maggiormente incentrata sulla tradizione. In Sardegna il mercoledì delle
Ceneri è conosciuto come “Mèrcuris de lìssia” e in diversi paesi si celebra il rito de su Mamentomo (reinterpretazione linguistica in sardo del Memento Homo latino).
A Posada, un tempo, si era soliti cantare: “essinde carrasegare, intrende su Mamentomo, sas baghianas de como son imparende a ballare”. Ai riti prettamente sacri, si accompagnavano anche quelli profani: una volta finita la messa, infatti, mentre le ragazze si accingevano a rientrare alle loro case, alcuni gruppi di ragazzi si nascondevano per tendere loro un “agguato”: il loro obbiettivo era quello di rincorrerle e di tingere loro il viso di nero con su titieddu, fuliggine ottenuta dalla bruciatura del sughero. Una vera e propria parodia di quanto avvenuto poco prima durante la messa, quando il sacerdote cospargeva il capo dei penitenti di cenere.
I riti profani continuavano la sera, quando diversi gruppi di ragazzi si radunavano e tutti insieme andavano per le vie del paese di casa in casa ad ungere le persone. Si recavano in particolare nelle abitazioni delle ragazze ancora nubili, come augurio di trovare al più presto fidanzato e/o marito. Su questo augurio era incentrata anche la cerimonia che alcuni ragazzi celebravano la notte fonda, quando, mascherati e con in mano su rocu, un bastone appuntito, si recavano verso le case de sas baghianas (ragazze nubili) e all’ingresso conficcavano il bastone per terra. Dopodiché iniziavano ad intonare:
“Tichirianna tocu
in s’oru ‘e sa janna
ti fichimmus su rocu
tocu tichirianna.
Tichirianna tocu
li fichimmus su rocu
in s’oru ‘e sa janna tocu tichirianna”