Le coste della Sardegna non si toccano, già più di 26 mila persone lo gridano! Giù le zampe ruspate dalle coste della Sardegna!
Siamo ormai già più di 26 mila ad aver sottoscritto la petizione promossa dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus (GrIG) e rivolta al Ministro per i beni e attività culturali e turismo, al Presidente della Regione autonoma della Sardegna e al Presidente del Consiglio regionale sardo, che chiede il mantenimento dei vincoli di inedificabilità nella fascia dei 300 metri dalla battigia marina, stabiliti dalle normative vigenti e dalla disciplina del piano paesaggistico regionale (P.P.R.).
Speculazioni private ai danni degli interessi (e delle casse) della collettività, questo il disegno malcelato di un’amministrazione regionale che non ha una valida proposta che sia in campo ambientale, nella gestione del territorio, in campo turistico, nel settore dei trasporti (dove tuttora non si è risolto il gravissimo problema della continuità territoriale).
Davanti a un’abissale crisi economico-sociale, davanti a drammatiche problematiche come quella dell’abbandono scolastico che sta portando sempre più l’Isola a un futuro ignorante da manodopera dequalificata, davanti a un dissesto idrogeologico foriero di mille calamità innaturali, davanti a un contesto da terzo mondo nel settore dei trasporti, il mondo politico sardo è capace di dare una sola risposta, sempre la stessa da decenni: cemento sulle coste con la pretesa di favorire il turismo.
I tentativi normativi mattonari.
Provano e riprovano, sempre i soliti noti, a voler riprendere la speculazione immobiliare e la privatizzazione strisciante sui litorali isolani.
In questa legislatura regionale i tentativi sono molteplici: dopo varie proposte di legge presentate da alcuni gruppi consiliari[i], giungeva il disegno di legge regionale sul c.d. piano casa (deliberazione Giunta regionale n. 52/40 del 23 dicembre 2019, relazione illustrativa, testo della proposta) avanzato dalla Giunta Solinas per consentire ingenti aumenti volumetrici nella fascia costiera e anche nella fascia di massima tutela dei 300 metri dalla battigia marina, nonché la pressochè liberalizzazione dell’edilizia in area agricola, così da rendere le campagne una periferia priva di servizi dei centri urbani.
Nel pieno perdurante della drammatica emergenza sanitaria ed economico-sociale determinata dal coronavirus COVID 19, l’oscuro oggetto del desiderio è sempre lo stesso: la maggioranza consiliare, trasversale come gli interessi in gioco, aveva approvato la legge regionale Sardegna n. 3 del 21 febbraio 2020, che vorrebbe privatizzare in modo strisciante le spiagge sarde consentendone l’occupazione permanente da chioschi e servizi balneari, è finita davanti alla Corte costituzionale anche grazie alla segnalazione GrIG per violazione delle competenze statali in materia di tutela dell’ambiente (artt. 9 e 117, comma 2°, lettera s, cost.).
E ancora: i capogruppo consiliari della maggioranza di centro-destra al governo della Regione autonoma della Sardegna hanno recentemente presentato la proposta di legge regionale n. 153 del 28 maggio 2020, con la quale vorrebbero “interpretare autenticamente” il piano paesaggistico regionale (P.P.R.)…e addomesticarlo ai propri voleri mattonari.
Gli illustri componenti del Consiglio regionale vorrebbero – a ben quattordici anni di distanza – non già interpretare ciò che non sanno minimamente, visto che non facevano parte del Consiglio regionale né della Giunta regionale in carica nel 2006 (anno di adozione e approvazione definitiva del P.P.R.), ma inventare quel significato delle norme del P.P.R. che più fa comodo ai loro attuali interessi politici.
Altro che dar via libera al primo lotto della nuova strada Sassari – Alghero (il 2°, il 3° e il 4° sono già stati realizzati), quello è un banale specchietto per le Allodole. Il vero obiettivo è un altro.
Un’operazione ai danni della salvaguardia delle coste e delle zone agricole della Sardegna, visto che vorrebbero cambiare le carte in tavola riguardo
“a) la fascia costiera di cui all’articolo 17, comma 3, lettera a) delle NTA al PPR, come definita dall’articolo 19, disciplinata dall’articolo 20;
- b) i beni identitari di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e), delle NTA al PPR, come definiti dall’articolo 6, comma 5, disciplinati dall’articolo 9;
- c) le zone agricole, l’edificato in zona agricola come definito dall’articolo 79 delle NTA al PPR e l’edificato urbano diffuso come definito dall’articolo 76 delle NTA al PPR”.
L’obiettivo è quello di far materializzare betoniere e mattoni a due passi dal mare e nelle campagne, da trasformare in periferie a buon mercato.
E’ bene che tutti lo sappiano ed è bene che si sappia che anche tali proposte normative esulano dalla competenza statutaria della Regione autonoma della Sardegna.
Esulano, però, innanzitutto dalla realtà e dal buon senso.
Turismo non vuol dire cemento.
Riprendere la speculazione immobiliare lungo le coste è un intento ottuso e autolesionista: si tratta della parte più pregiata del patrimonio ambientale e paesaggistico isolano, il fondamentale richiamo turistico, elemento di grande importanza per un’economia locale sempre più disastrata, grazie soprattutto alla mancanza di efficaci interventi nei settori nevralgici dei trasporti e della politica scolastica.
Più che rivolgersi agli improbabili esperti (da Flavio Briatore, ad Alessandro Moggi, a Lucio Presta…) ormai di casa alla Presidenza della Regione, sarebbe opportuno approfondire qualche elemento di rilievo in materia: oltre al pesante degrado della risorsa ambientale, basterebbe evidenziare in proposito il ridotto tasso di occupazione delle strutture ricettive: 22% per le strutture alberghiere e 9,1% per quelle extralberghiere (dati inferiori alla media italiana, ma in linea con quelli delle regioni competitor italiane: Sicilia, Puglia e Calabria). I motivi risiederebbero nella forte stagionalità dei flussi, tipica del turismo marino-balneare.
Basti pensare che le strutture vengono utilizzate per il 54% nel mese di agosto e solamente per l’1% nei mesi di gennaio e di dicembre (dati XXIV Rapporto Crenos sull’economia della Sardegna, 2017).
Non solo.
Il recente report della C.N.A., elaborato sui dati ISTAT, indica in ben 261.120 le “abitazioni vuote”, cioè il 28,2% del patrimonio edilizio complessivo e propone una soluzione intelligente sia in chiave turistica che per il contrasto al consumo del suolo: “la creazione di alberghi diffusi, alberghi residenziali e B&B, concepiti come sistema a rete a gestione centralizzata delle prenotazioni e dei servizi accessori (dalle pulizie, alla ristorazione, alle visite guidate, al noleggio di mezzi di trasporto, ecc.). Si tratta un modello di offerta ricettiva di recente diffusione in Italia ed Europa, tra l’altro riconosciuto in modo formale per la prima volta proprio in Sardegna con una normativa specifica del 1998, la cui particolarità consiste nell’offrire agli ospiti l’esperienza di vita in un autentico borgo storico o in un piccolo nucleo rurale, alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso, dove è situata la reception, gli ambienti comuni, l’area ristoro e tutti gli altri servizi che contraddistinguono l’ospitalità alberghiera”.
Il potenziale isolano è notevole e ben potrebbe rivitalizzare i tanti borghi semi-abbandonati: “nel 2018 i 14 alberghi diffusi e gli 80 alberghi residenziali, con una offerta complessiva di 14.278 posti letto (l’1,5% delle strutture e il 6,5% dei posti letto), hanno infatti accolto 192.756 arrivi e 1.182.513 presenze, pari rispettivamente all’8,1% degli arrivi e l’11% delle presenze complessivamente registrate in regione”.
In realtà, per migliorare l’offerta turistica sembrano prioritarie altre iniziative, a iniziare dal radicale miglioramento dei collegamenti aerei e navali in regime di continuità territoriale o comunque attraverso meccanismi di abbattimento dei costi per i non residenti, continuando con una politica efficace delle aree naturali protette e dei beni culturali per ampliare offerta e stagione turistica (per esempio, l’istituzione del parco naturale della Giara in connessione con l’area archeologica di Barumini, itinerari eno-gastronomici e culturali locali), per finire con la promozione di veri e propri “pacchetti turistici” specifici per mète ed eventi (es. S. Efisio, Carnevale, Pasqua, Candelieri, turismo naturalistico, ciclo-turismo, ecc.) nell’ambito di una politica di promozione turistica degna di questo nome, cosa che la Sardegna non ha mai avuto.
E questo diventa ancora più attuale per il turismo in presenza della perdurante emergenza sanitaria determinata dal coronavirus COVID 19.
Altro che la solita banale speculazione immobiliare sulle coste, roba da neuroni cementificati.
A che servirebbero, quindi, nuove volumetrie per alberghi e residence, soprattutto dopo aver già consentito aumenti di cubature per varie volte in pochi anni?
E sì, chi voleva ammodernare le proprie strutture ricettive, dotandole di camere migliori e di centri benessere, poteva farlo con la legge regionale n. 45/1989 (art. 10 bis, comma 2°, lettera h), con la legge regionale n. 4/2009 (artt. 2-4), con la legge regionale n. 8/2015 (artt. 30 e ss.).
Siamo all’anatocismo edilizio, alla bulimìa mattonara.
Difendere le coste conviene e si deve fare.
Ancora una volta, quindi, è necessario ricordare poche cose, ma chiare.
Normative di salvaguardia costiera e piano paesaggistico sono obblighi non derogabili, previsti dalla normativa nazionale (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) in attuazione dei principi costituzionali (artt. 9 e 117, comma 2°, lettera s), mentre il piano paesaggistico dev’essere predisposto in collaborazione (c.d. copianificazione) con il Ministero per i beni e attività culturali, come da giurisprudenza costituzionale costante.
Norme di tutela costiera e disciplina del piano paesaggistico regionale (P.P.R.) hanno finora dato buona prova per difendere il paesaggio costiero della Sardegna, che ha conservato per ampi tratti straordinari valori ambientali e naturalistici altrove ormai degradati o scomparsi.
L’opinione pubblica, ben più matura della classe politica, chiede la salvaguardia delle coste e del territorio dell’Isola, quale unica vera ricchezza e garanzia economico-sociale in periodi difficili e oscuri come quelli attuali.
Gli interessi mattonari, speculativi e propri sempre dei soliti noti, possono e devono essere rispediti al mittente.
Siamo tanti, oltre 26 mila, e saremo ancora di più.
Abbiamo difeso, difendiamo e difenderemo la nostra Terra, millimetro per millimetro.
Ne stiano certi – chiude la nota del Gruppo d’Intervento Giuridico onlus a firma di Stefano Deliperi